Congedo straordinario, l’indennità di maternità va riconosciuta
Corte Costituzionale, sentenza 13/07/2018 n° 158
La tutela della maternità è assicurata anche nel periodo di congedo straordinario. E’ quanto stabilito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 158/2018 del 13 luglio scorso.
Nella vicenda in esame, una lavoratrice, beneficiaria del congedo straordinario retribuito, previsto dall’art. 42, comma 5, d.lgs. n. 151 del 2001, ed interdetta in anticipo dal lavoro, per «gravi complicanze nella gestazione», aveva proposto ricorso nei confronti dell’INPS al fine di ottenere la corresponsione del trattamento economico di maternità per l’intera durata del congedo di maternità, compreso il periodo di interdizione anticipata. Tale trattamento le era stato negato in quanto l’interdizione anticipata del lavoro per gravidanza a rischio era «avvenuta senza effettiva ripresa dell’attività lavorativa da parte della ricorrente».
Il Tribunale adìto, in funzione di giudice del lavoro, chiamato a decidere in merito a tale vertenza, ha sollevato, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 24, commi 2 e seguenti, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, «nella parte in cui non prevede che il trattamento di maternità sia erogato anche alla lavoratrice che abbia fruito di congedo ex art. 42, comma 5, d.lgs. 151/2001 e che al momento della richiesta non abbia ripreso a lavorare da più di 60 giorni».
Nell’esaminare la questione, la Corte Costituzionale ha ripercorso l’evoluzione normativa della materia, richiamando i passaggi maggiormente significativi.
A tal riguardo, il testo unico del 2001 offre una disciplina articolata sia delle diverse ipotesi di sospensione e di interruzione dell’attività lavorativa, precedenti all’inizio del periodo di astensione obbligatoria, sia dei casi in cui l’indennità di maternità è ammessa anche se è trascorso un lasso di tempo superiore a sessanta giorni tra l’assenza e la sospensione e l’inizio dell’astensione obbligatoria. Nello specifico, viene riconosciuta l’indennità giornaliera di maternità anche alle «lavoratrici gestanti che si trovino, all’inizio del periodo di congedo di maternità, sospese, assenti dal lavoro senza retribuzione, ovvero, disoccupate», purché «tra l’inizio della sospensione, dell’assenza o della disoccupazione e quello di detto periodo non siano decorsi più di sessanta giorni» (art. 24, comma 2, d.lgs. n. 151 del 2001). Inoltre, l’art. 24, comma 3, d.lgs. n. 151 del 2001esclude dal calcolo dei sessanta giorni le «assenze dovute a malattia o ad infortunio sul lavoro, accertate e riconosciute dagli enti gestori delle relative assicurazioni sociali», il «periodo di congedo parentale o di congedo per la malattia del figlio fruito per una precedente maternità», il «periodo di assenza fruito per accudire minori in affidamento» e il «periodo di mancata prestazione lavorativa prevista dal contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale».
Dunque, vi è una disciplina peculiare stabilita a favore della lavoratrice che, all’inizio del periodo di congedo di maternità, benefici dell’indennità di disoccupazione (art. 24, commi 4 e 5, d.lgs. n. 151 del 2001), del trattamento di integrazione salariale a carico della cassa integrazione guadagni (art. 24, comma 6, d.lgs. n. 151 del 2001) o dell’indennità di mobilità (art. 24, comma 7, d.lgs. n. 151 del 2001).
In merito alla questione sollevata dal Giudice di prime cure, la Corte Costituzionale ha evidenziato che, la disposizione censurata non considera la speciale tutela che l’art. 37, primo comma, Cost. prevede per la madre lavoratrice e per il bambino, nonché quella contenuta, in termini generali, dall’art. 31, secondo comma, della Costituzione. Inoltre, l’esclusione del congedo straordinario non appare ragionevole anche alla luce delle diposizioni dell’art. 24, comma 3, d.lgs. n. 151 del 2001, che non comprendono nel computo dei sessanta giorni tra l’inizio dell’assenza e l’inizio dell’astensione obbligatoria il «periodo di congedo parentale o di congedo per la malattia del figlio fruito per una precedente maternità». La deroga prevista per tali congedi nasce da un’esigenza prevalente di tutela, per cui l’indennità di maternità è dovuta anche quando la discontinuità del rapporto di lavoro superi i sessanta giorni.
In effetti, gli interventi della Corte Costituzionale hanno contribuito ad ampliare l’evoluzione dell’àmbito applicativo del congedo straordinario, estendendo tale beneficio, dapprima ad uno dei fratelli o delle sorelle conviventi con soggetto con handicap in situazione di gravità accertata, con genitori totalmente inabili, e successivamente anche al coniuge convivente; inoltre, in assenza di altri soggetti idonei, è prevista l’applicazione al figlio convivente ed al parente o affine entro il terzo grado convivente.
L’estensione dei soggetti beneficiari del congedo straordinario risponde all’esigenza di garantire la cura del disabile nell’àmbito della famiglia e della comunità di vita cui appartiene, garantendone la salute, preservandone la continuità delle relazioni e promuovendone una piena integrazione.
Dunque, la tutela della maternità e del disabile, pur con diverse caratteristiche, hanno l’obiettivo comune di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
Pertanto, considerando i vincoli di solidarietà, connessi alla cura del coniuge o del figlio disabili con handicap in condizione di gravità accertata, si impone l’estensione della deroga sancita dall’art. 24, comma 3, d.lgs. n. 151 del 2001.
Alla luce delle suesposte argomentazioni svolte, la Corte Costituzionale ha concluso ritenendo fondate le proposte questioni di legittimità costituzionale sollevate, in riferimento agli artt. 3, 31 e 37 della Costituzione, per cui ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 24, comma 3, d.lgs. n. 151 del 2001, nella parte in cui non prevede che, ai fini del computo dei sessanta giorni previsti dall’art. 24, comma 2, d.lgs. n. 151 del 2001, non si tenga conto del periodo di congedo straordinario previsto dall’art. 42, comma 5, d.lgs. n. 151 del 2001, di cui la lavoratrice gestante abbia fruito per l’assistenza al coniuge convivente o a un figlio, portatori di handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’art. 4, comma 1, legge n. 104 del 1992.
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